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  27 Luglio 2024
01/09/2014 di Annarita Mazzei

La Cappella Cerasi in S.Maria del Popolo


 
Il 24 settembre del 1600, monsignor Tiberio Cerasi, tesoriere generale della Camera Apostolica al tempo di papa Clemente VIII Aldobrandini, strinse il contratto con Caravaggio per la realizzazione di due tavole di cipresso, raffiguranti il Martirio di Pietro e la Conversione di S. Paolo per la cappella in S. Maria del Popolo, acquistata l´8 luglio dello stesso anno dagli Agostiniani. Caravaggio si impegnò nel contratto a completare le opere richieste in otto mesi. Ad Annibale Carracci spetta l´Assunta per l´altare e gli affreschi della volta.
Lo stesso Cerasi, avvocato concistoriale, nel 1591 seguì la famiglia Crescenzi in una vertenza, che li vide opposti all´arciconfraternita del SS. Salvatore in Laterano.
Il 3 maggio del 1601 Cerasi muore lasciando come erede l´Ospedale della Consolazione, che il 10 novembre del 1601 salda i due quadri al Merisi, che risultano eseguiti su tela. Caravaggio, dunque, non rispettò i tempi previsti per la realizzazione dei due laterali.
Cerasi, in un codicillo al proprio testamento registrato il giorno antecedente la sua morte, raccomandò che gli eredi terminassero i lavori per la cappella, secondo il disegno di Maderno. Si desume che, in quella data, i lavori per la sistemazione della cappella fossero ancora agli inizi, e che presentasse ancora le dimensioni e pianta della quattrocentesca Cappella Foscari, già dedicata ai SS. Pietro e Paolo.
Inizialmente si è ipotizzato che la mancata presentazione dei disegni preparatori o la realizzazione dell´iconografia differente da quella stabilita, avessero procurato il rifiuto delle prime versioni delle due opere. Probabilmente fu lo stesso Caravaggio a censurare le due opere. Lo stesso Cerasi, al momento del termine delle stesse , probabilmente non era presente a Roma. La circostanza è riportata da Baglione: « Questi quadri furono prima lavorati da lui in un´altra maniera, ma perché non piacquero al padrino se li prese il Cardinal Sinnesio; e lo stesso Caravaggio vi fece questi che ora si vedono od olio dipinti, piochè egli non operava in altra maniera». Mancini indica solo la proprietà di due opere copiate da Caravaggio, nel suo inventario del 1644 elencando le proprietà del cardinale. Alla morte di Sinnesio, la tavola con la Crocifissione, fu venduta dagli eredi a Juan Alfonso Enrìquez de Cabrera, in occasione della sua ambasceria straordinaria a Roma nel 1646, rintracciato successivamente postumo dello spagnolo nel 1647. Le tracce della tavola si perdono in Spagna all´inizio del Settecento. In merito alla scelta di Caravaggio, di optare per un diverso supporto pittorico potrebbe essere conseguente al minor numero di scudi che la Congregazione gli accreditò.
Ritorna preponderante il motivo della luce come Grazia. D´altronde la chiesa di S. Maria del Popolo è una sede dell´ordine di S. Agostino, sommo teorico della Grazia. La fonte della luce per le due tele non è la finestra, ma il virtuale cielo dipinto nel tondo cella volta, dando l´illusorio senso di uno spazio aperto.
Il binomio Paolo-Pietro è una chiara metafora dell´edificazione della Chiesa, nel suo moto lento e solenne: la Conversione come propaganda fide, il Martirio come professione di fede, pilastri del fondamento della Chiesa. Il solenne issarsi di Pietro sulla croce, prossima al petroso suolo esprime la Fede in Cristo, in qualità di suo imitatore e i manigoldi, nell´allegoria del perdono evangelico, diventano i fedeli, di cui uno in ginocchio e con i piedi sporchi, alluderebbe al bisogno di purificazione. La luce radiante di Pietro è quella della salvazione,circondato della tenebra del peccato. Caravaggio segue, nell´impostazione iconografica, quanto attestano Origene, Eusebio da Cesare e S. Girolamo, secondo i quali, l´apostolo venne appeso ad una croce all´ingiù in segno di umiltà verso Cristo. La medesima iconografia è presentata nella Legende Aurea. Baronio nei suoi scritti conferma la modalità del martirio del Santo, identificando il monte, il mons aureo sullo sfondo della scena, con il Gianicolo, da lui considerato il luogo del supplizio e ove si erge il tempietto di S. Pietro in Montorio.
Le fattezze di Pietro, ampie e denudate, rimandano alle volumetrie essenziali di Scipione di Gaeta.
Il manigoldo che solleva la croce, compie il medesimo gesto di Giuseppe d´Arimatea nella Deposizione (1600), quando si china ad abbracciare le gambe del figlio. Caravaggio manifesta la medesima cura della resa anatomica del Cristo per il corpo di Pietro. Il volto sereno di Pietro contrasta con quelli inetti dei carnefici.
Rispetto al medesimo soggetto nella Cappella Paolina, Caravaggio riduce la figure a quattro e il centro della scena corrisponde al centro della croce. La composizione ne risulta aperta e flessibile. I tre uomini lavorano impassibili come mossi da un gesto meccanico inevitabile. Se guardiamo dall´angolo in basso a destra, ci troviamo davanti ad una sorta di trompe l´oeil, dove il braccio di Pietro appare come la continuazione del braccio corto della croce, coperto dal suo corpo. Il S. Pietro di Caravaggio segue il movimento inclinato della croce. Tra gli aguzzini, uno solo, posizionato deliberatamene da Caravaggio in asse con S. Pietro, guarda l´apostolo, ma non ha un contatto fisico con lui. La presenza della pietra simboleggia l´edificazione della Chiesa per mezzo di Pietro.
Nelle due versioni finali vi è uno schema di diagonali più palesi. La posizione dei medesimi soggetti realizzati da Michelangelo nella Cappella Paolina risulta invertita: la Conversione è collocata sinistra e il Martirio a destra. Probabilmente l´idea iniziale era di creare un moto ideale della luce irradiata dall´Assunta verso i laterali. Ma la posizione invertita potrebbe essere stata suggerita dalla fonte di luce del transetto più presente e forte.
La grazia, come luce è motivo fondamentale dei laterali le cui dimensioni minori rispetto alle tavole, portarono dei lavori di ridimensionamento in stucco dei vani. S. Pietro cerca di levare lo sguardo verso l´altare, S. Paolo si proietta verso il fruitore.
La prima versione della Crocifissione, come emerge dalla copia siviglina, offre una percezione della realtà analoga alla tela risolutiva.
La dinamica radiale della Crocifissione, interviene a capovolgere la croce e il santo verso l´alto, ricordando la versione definitiva del Martirio di S. Matteo, ma con una maggiore meditazione sul gruppo come entità plastico-architettonica. Nella parte superiore, c´è un predominio di vuoti chiaroscurati e nel primo piano è l´ombra a prevalere. La storia sembra fermarsi nella rappresentazione dello sforzo fisico che sempre trasformarsi in estrema volitività. Il problema di rappresentazione che sembra emergere è non tanto legato al problema dell´azione da cogliere, ma di rendere una storia senza azione, come valore emblematico. La posizione di Pietro, la testa e le spalle, non sono quelle naturali che ci aspetteremmo di vedere in uomo crocifisso. La sua testa e il busto esprimono un tentativo di allontanamento dalla croce, come momento di ribellione tutta umana, che avrà un più alto riscatto morale.
 
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